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Aggiornamenti specifici che non vogliono essere esaustivi della materia affrontata, ma che vogliono fornire all’interlocutore un quadro chiaro dell’argomento in oggetto.

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Con più di 20 anni d’esperienza maturata sul campo, lo Studio Mazzucotelli si pone l’obiettivo primario di accompagnare il Cliente nell’identificazione delle proprie reali esigenze e con lui sviluppare la soluzione più soddisfacente.

E’ con questa attenzione costante al Cliente e alle sue esigenze che lo Studio fornisce consulenza specifica nei seguenti campi:

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Infine, un gruppo di Collaboratori fornisce completa assistenza fornendo puntuali assistenze nelle pratiche quotidiane.

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07/03/2016

Tra contraddittorio, notifiche e deleghe


Riflessioni di un commercialista sulle strategie difensive

All’inizio fu il contraddittorio endoprocedimentale,  “un principio fondamentale immanente nell’ordinamento cui dare attuazione anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa” (SS.UU. 18 settembre 2014, n. 19667 e 19668). Da lì un filone di difese e sentenze di ispirazione eurounitaria, discendenti dalle arcinote pronunce Sopropé e Kamino (C-349/07; C-129/13 e C-130/13). In questo senso si era espresso pure il Parlamento con la Legge 23/2014, che aveva previsto l’introduzione del principio del contraddittorio invitando il legislatore delegato a  “rafforzare il contraddittorio in fase di indagine e la subordinazione dei successivi atti di accertamento e di liquidazione all’esaurimento del contraddittorio procedimentale”.  Tale orientamento era stato avallato anche dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 132 del 2015, secondo cui nel nostro diritto vige il principio generale del contraddittorio, che trova applicazione anche se non è enunciato in specifiche disposizioni di legge. Il legislatore non ha poi dato attuazione al principio contenuto nella legge delega e le stesse SS.UU. della Cassazione hanno presentato un brusco revirement: con la sentenza n. 24823 del 2015 hanno infatti nuovamente limitato l’applicazione del contraddittorio, affermando che  “non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato per l’Amministrazione di attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, salvo non sia espressamente previsto per legge. Si tratta, infatti, di un principio di derivazione comunitaria e pertanto applicabile solo ai tributi “armonizzati” (IVA)”. Lungi dalla conclusione della vicenda, con l’ordinanza n. 736/1/16, la CTR Toscana ha rinviato alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dello Statuto del contribuente laddove  “riconosce al contribuente il diritto di ricevere copia del verbale con cui si concludano le operazioni di accertamento e di disporre di un termine di 60 giorni per eventuali controdeduzioni, nelle sole ipotesi in cui l’Amministrazione abbia effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali” del contribuente”:  in sostanza, un altro punto a favore del contraddittorio. Se non che parte della giurisprudenza di merito si è spinta oltre, ed ha confermato la rilevanza, in toto, del contraddittorio preventivo (eg. Ctp Roma, sentenza 18 gennaio 2016 n. 716/10/2016). Stessa sorte per i dirigenti dell’Agenzia delle Entrate, che la Corte Costituzionale ha dichiarato  “illegittimi”  (Sent. 17 marzo 2015, n. 37) e con tanto di segnalazione alla Corte dei Conti (C.T.Reg. Milano, 25 giugno 2015, n. 2842/01/15). La giurisprudenza di merito si è letteralmente spaccata, fino allo stop decisivo della Cassazione, che con le sentenze 22800, 22813 e 22803/2015 ha ribadito il proprio orientamento in tema di validità degli avvisi di accertamento emessi da dirigenti dell’Agenzia delle Entrate la cui nomina risultasse illegittima; seguono titoli altisonanti sulla stampa specializzata:  “Decadono i dirigenti ma non gli atti impositivi”.  Si apre poi la questione delle deleghe, un altro teatrino in un contesto sempre più ondivago. Risale alla notte dei tempi la diatriba tra diritto e fatto, tra questioni pregiudiziali e questioni di merito, tra avvocati e commercialisti sulla diversa visione e sul diverso approccio al processo tributario. Si dice che in Cassazione si vinca per i soli motivi di diritto, che per questo il migliore difensore non possa che essere di cultura e formazione legale. Poi si scopre una Cassazione estremamente volubile, si realizza che non esiste una vera nomofilacchia e si torna a rivalutare un approccio più sostanzialistico alle impugnazioni. Allora come affrontare il lungo e tortuoso percorso del processo tributario? La materia è sofisticata e il dottore commercialista rischia di trascurare i più complessi aspetti procedurali, che potrebbero però alla lunga risultare risolutivi: per questo è indispensabile una solida cultura giuridica, lo studio della procedura civile, l’aggiornamento continuo della normativa e dell’evoluzione giurisprudenziale. La conoscenza delle questioni pregiudiziali si somma quindi alla solida competenza fiscale, appartenente per definizione al commercialista, che può affermare la propria superiorità nel merito della questione. Acquisita la piena padronanza della materia sotto ogni profilo, il difensore saprà individuare la migliore strategia e maneggiare con confidenza i più svariati motivi di impugnazione, che poi valuterà se coltivare, ponendosi di fronte al giudice in maniera autorevole e senza incertezze. Un connubio di forma e sostanza: è cosi che si dovrebbe affrontare un processo tributario, è cosi che un difensore di successo dovrebbe operare (almeno fino al prossimo revirement della Cassazione).




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